Chi lavora con utenti con voce alterata (disfonici o disodici), logopedista, foniatra, laringojatra, medico dell’Arte o maestro (di canto, recitazione e/o danza) sa quanto possa essere importante stare a stretto contatto lavorativo con il soggetto.
Molte terapie attuali sono, invece, caratterizzate dal fatto che apparati e organi vengono trattati come se fossero elementi isolati dal contesto della globalità dell’individuo o come se andassero “approcciati” inevitabilmente “da lontano”. I sanitarî hanno, cioè, spesso, paura di avvicinarsi, paura dell’empatia e, maggiormente, paura di toccare il soggetto. Sovente, in effetti, lo richiedono ragioni culturali, sociali, contingenti; così, però, la terapia parte con una marcia in meno.
Manca, forse, la consapevolezza dell’importanza della sessualità nella nostra vita e la conoscenza di come studiarla e lavorare su di essa. Spesso neppure i sanitarî sanno che tra i ruoli del medico rientra anche questo: far conoscere a ognuno le proprie singolari possibilità di espressione della sessualità, delle energie effettivamente possedute e di come possano essere valorizzate in pienezza e produttività.
(estratto da: Alfonso Gianluca Gucciardo, Voce e Sessualità, Omega, Torino 2007)