COME SI PUÒ ANALIZZARE UNA VOCE?

Per esi­gen­ze cliniche e per miglio­rare sem­pre più la qual­ità del­la vita (anche vocale) delle per­sone con sogget­tivi od ogget­tivi “problemi”/disturbi del­la voce, bisogna che i clin­i­ci (logo­pe­disti, fisiotera­pisti, osteopati e, ovvi­a­mente, medici) usi­no medes­i­mi lin­guag­gî, pos­si­bil­mente in tutte le Nazioni del Mon­do affinché, qualo­ra una per­sona avesse bisog­no di un con­sul­to anche in Groen­lan­dia, i me­dici del­la voce lì oper­an­ti pos­sano com­pren­dere se non altro qual era il pun­to di parten­za del­la voce del cliente attra­ver­so un codice con­di­vi­so e translinguistico.

Nel 1981, in Giap­pone, Minoru Hira­no ideò la cele­ber­ri­ma Scala di val­u­tazione delle voci chia­ma­ta GRBAS che oggi, in Europa, si usa nelle mod­i­fiche del­la Soci­età euro­pea di Laringolo­gia (fino all’at­tuale GIRBASI del mio mae­stro Andrea Ric­ci Maccarini).

Attra­ver­so il pro­prio orec­chio e pos­si­bil­mente anche quel­lo di una sec­on­da per­sona istru­i­ta alla di­scriminazione del seg­nale sonoro (e qui iniziano i prob­le­mi, con­sid­er­a­to quan­to dif­fi­cile sia inseg­nare a “dis­cernere” le voci soprat­tut­to a chi potrebbe non avere alcun back­ground fono- e meloacu­s­ti­co/-mnesi­co), una voce si giu­di­ca in rap­por­to alle pos­si­bili insta­bil­ità, spor­cizia, ariosità, astenic­ità, pressa­tura e inten­sità riscon­tra­bili in quel pre­ciso momen­to del­la visi­ta. Si com­prende come tale metod­i­ca sia molto sogget­ti­va; ciò nonos­tante, aju­ta a inten­der­si se non altro sul­la grav­ità di una disfo­nia e sulle sue caratteristiche.

Esistono anche altri stru­men­ti – tut­ti pari­men­ti sogget­tivi – il più noto dei quali è il cosid­det­to CAPE‑V (Con­sen­sus Audi­to­ry-Per­cep­tu­al Eval­u­a­tion of Voice by ASHA) usato soprat­tut­to nelle Americhe e, viepiù, anche in Europa del Nord. Sem­pre attra­ver­so il pro­prio orec­chio, il clin­i­co ripor­ta (con un ri­ghello e una pen­na) su una par­ti­co­lare griglia le pro­prie percezioni sul­la qual­ità del­la voce del­l’u­tente, in tal caso ser­ven­dosi di una scala numerica.

Come si evince, clas­si­fi­care le voci è davvero molto dif­fi­cile: serve tan­ta espe­rien­za clin­i­ca ma so­prattutto di ascolto e di “dis­cern­i­men­to” nonché grande capac­ità di selezion­a­men­to dei sim­u­la­tori (fre­quen­ti quan­to mai). Del resto, la voce sfugge parec­chio ai con­trol­li degli scien­ziati (veri e fal­si) del nos­tro tem­po. Essa è il reg­no del­la sogget­tiv­ità e del­la lib­ertà; è ani­ma: ecco per­ché è diffi­cile clas­si­fi­car­la (per fortuna!).

[ ® estrat­to da: Alfon­so Gian­lu­ca Guc­cia­r­do, Silen­zio, Voce e Comu­ni­cazione, In stam­pa, 2016 ]
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