Due parole sulla voce del transgender/transessuale
Il transgender/transessuale (TG/TS1) è un individuo che, spesso e non soltanto in Italia, viene considerato nei modi e con i sentimenti più svariati: dalla simpatia all’avversione, dalla paura alla curiosità, dalla commiserazione all’esaltazione. In effetti, la sua esistenza e visibilità sono, per l’altro, un imperativo input a mettersi in discussione, a mettere in crisi il proprio modello di “stabilità” fisico-psichica reale o presunta.
Invero, spesso – ma non obbligatoriamente – sono i TG/TS stessi uomini o donne in discussione continua.
Non riconoscere il corpo come confacente al proprio sentire, leggervi i segni di eventi che si ritiene non gli appartengano in senso intimo, avvertire che limiti e confonda non può che venir fuori attraverso la voce.
Un MtoF non ancora transìto può avvertire, se non ha già iniziato trattamenti ormonali specifici, che la propria è una voce “falsa” perché in disaccordo con il corpo. Se è vero che non tutti i TG desiderino la GRS, la maggior parte vorrebbe, però, essere ajutata dal “vocologo” (foniatra, fonochirurgo e/o logopedista) a rendere il più credibile la propria voce a sé stessi. Ancor prima che l’aspetto esterno/esteriore, è, infatti, la voce a permettere ai più il processo di autoriconoscimento e, quindi, di identificazione: si ha bisogno di riconoscersi prima che di riconoscere; ciò è valido ovviamente anche per chi TG/TS non è. Far sì che ciò avvenga serenamente è molto difficile, soprattutto nei FtoM, perché se non sono in trattamento con testosterone è difficile aggravare la F0 senza modificare la postura laringea e corporea. La voce in essi è generalmente forzata e aspra (complice il tabagismo cui sovente ci si affida, appunto, anche a fini di modificazione vocale), sovente spezzata e calante.
Nel soggetto TG/TS il rapporto voce-sessualità diventa enormemente pregnante, non certo solamente perché la voce permette loro di riconoscersi e di non essere ri-conosciuti ma anche, forse, perché la dispercezione fono-acustico-fonatoria provoca sintomi e segni fisico-emotivi autoritornanti.
La voce è come un carattere prototipico, slatentizzato il quale molti altri caratteri vengono fuori. Prima bisogna, però, trovarla scavando dentro sé, modificando posture e tensioni muscolari ovvero anche liberando tensioni auto- e alloindotte. Per questo, lavorare con la voce di un TG/TS non può significare per il sanitario farlo solamente al livello percettivo; prima si deve entrare nell’àmbito produttivo, logogenico.
Il discorso non cambia, almeno sotto questo versante, in riferimento al TG/TS cantante. Certamente le esigenze performative impongono obiettivi altri che un terapista specializzato saprà perseguire ma non bisogna dimenticare che prima di lavorare per risolvere una disodia o, più semplicemente, anche solo in àmbito e con finalità didattiche/abilitative, bisogna curare la voce reale dell’utente.
Trattare un TG/TS artista senza riconoscere che forse quasi tutti (anche i non artisti, quindi) danno alla voce una valenza simbolica talora totalizzante, significa, forse, essere a rischio d’inefficacia di trattamento e, soprattutto, d’impossibilità di empatia. Solo chi sa entrare, con delicatezza ma senza ipocrisie, nel vissuto della voce dell’altro, può essere da questo autorizzato, legittimato e riconosciuto come possibile terapista/terapeuta di ciò che la voce sottende, cela e svela in ogni istante e che dalla voce, tra ferite e feritoje, conduce, come sempre in vocojatria, decisamente altrove.
Estratto dall’Articolo completo che trovasi in: A. G. Gucciardo – E. Merendi – N. P. Paolillo – F. Fussi, Sulla voce del transgender/transessuale. Alcune osservazioni di sessuo-vocologia generale e artistica, in: F. Fussi (ed.), La voce del cantante, VI volume, Omega, Torino 2010, 503–509
1 Legenda: TG = transgender; TS = transessuale; MtoF = male to female (maschio che diventa femmina); FtoM = female to male (femmina che diventa maschio); GRS = genital reconstruction surgery (chirurgia di ricostruzione dell’apparato genitale).