È soltanto se comunico integralmente che io sono.
Si deve avere, però, il coraggio di fare il primo passo, di mettersi in gioco. L’altro, spesso, attende solamente che iniziamo noi a comunicare sì che possa raccontare anch’egli il suo tutto, la sua storia; per amare ha bisogno che lo si ami, perché non sa, non può, teme o non vuole farlo per primo.
Nella tragedia dell’incapacità comunicativa, nel dramma della babele delle “comunicazioni / non comunicazioni”, pare come se ognuno, al modo di Tagore, volesse dire all’altro continuamente e indarno qualcosa di simile che, però, rimane appunto non detto e meriterebbe una lettura non superficiale:
“Se anche trovassi le porte del mio cuore serrate,
scardinale, ti prego;
se anche il mio cuore rifiutasse di aprirsi,
«canta accanto alla sua porta chiusa»1
fino a scardinarlo con la tua voce,
ti prego.
Fa’ dolcissima violenza al cor mio,
se resiste al tuo cuore”.
È soltanto se comunico integralmente che io sono.
1Cfr. R. TAGORE, Gitanjali, canto XVIII, in: G. MANCUSO (ed.), Tagore: Gitanjali. Il giardiniere, Newton Compton, Roma 1988, 56 (modif). Il termine paraklausituron puo essere riscontrato anche nella letteratura greca antica (e. g., in Sofocle, Plutarco e, ancor più specificamente, ne “Il Poema dell’esclusa” del III sec. a.C.).
Da: A. G. GUCCIARDO, Voce e Sessualità, Omega Edizioni, Torino 2007, 143
Foto: Walter Porzio®