La voce, in effetti, che cos’è?
Voce non è sinonimo di suono glottico o di parola1. Studiarla compete, pertanto, al fisico, al filosofo, al medico, allo psicologo, al fonologo, al fonetista, al fonopedista, all’etologo, al semiologo, all’artista etc. Tutti potranno dare definizioni inoppugnabili, in quanto essa sfugge alla catalogazione e appartiene a molti àmbiti euristici perché è «fenomeno multidimensionale e multiparametrico»2.
È unica e inimitabile; valorizzarla, anche nelle sue imperfezioni, significa coltivare il sé che esprime e sottende. Non bisogna uniformarla a standards legati alla socio-cultura e/o all’economia perché essa è «el alimento del oído, la pradera del alma, el manantial del corazón, el solaz del triste, el compaňero del solitario y la provisión del peregrino» secondo le stupende parole3 di Ibn Abd Rabbihi.
Perdere la propria o percepirla alterata è terribile soprattutto per chi ha un sentire fine e un livello culturale medio-alto
In effetti, sebbene le vocopatie siano ubiquitarie, chi le riconosce e di esse soffre di più sono gli utenti di livello socio-culturale (molto) alto, coloro che spesso fanno della voce un vero feticcio personale e sociale4.
oppure per chi ci lavora.
→ Estratto da: A. G. Gucciardo, Curare l’Arte, il Corpo e la Voce, Qanat, Paletmo 2017, 20–21 (modif.)
1Cfr. Alfonso Gianluca Gucciardo, 2016b
2Tale preziosa definizione, poi modificata da Andrea Ricci Maccarini, è di Philippe Dejonckere.
3Cfr. Alfonso Gianluca Gucciardo, 2007c, 66 e Id., 2016b, 152. Nella mia traduzione, il testo è reso come segue: «La voce [il grande poeta cordovano (860–940), in verità, si riferisce specificamente a quella cantata, ndA] è l’alimento dell’udito, la prateria dell’anima, la sorgente del cuore, la gioja del triste, la compagnia del solitario e la bisaccia del pellegrino».
4Affrontare le ragioni di questa tassonomia selettiva porterebbe lontano. In parte me ne sono occupato in: Alfonso Gianluca Gucciardo, 2016b.