Il per­former com­ple­to, cioè colui che è sia can­tante sia attore sia dan­za­tore all’in­ter­no di un uni­co spet­ta­co­lo, ha neces­sità com­ple­ta­mente dif­fer­en­ti rispet­to all’artista che si occu­pa – anche in eccel­len­za – di una sin­go­la arte tra quelle.

Sono diver­si anche lo stile res­pi­ra­to­rio, il fona­to­rio e quel­lo di adat­ta­men­to alle estem­po­ra­nee esi­gen­ze di equi­lib­rio o di “aggius­ta­men­to” pos­tu­rale a fini di emis­sione, di por­tan­za, di penetranza.

Da anni presto assis­ten­za tec­ni­ca a parec­chie opere e musi­cal. In essi finis­co sem­pre per ammi­rare con stu­pore la bravu­ra di tan­ti pro­fes­sion­isti, artisti davvero eccel­len­ti che ripetu­ta­mente rischi­ano grosso (in quan­to alla voce e all’in­tegrità del cor­po in gen­erale) doven­do cantare su tac­chi a spillo men­tre effet­tuano il cor­rispet­ti­vo di un rond de jambe o men­tre cor­rono zigza­gan­do tra teu­toni­ci dan­za­tori che, nel frat­tem­po, effet­tuano salti mor­tali sen­za pro­tezione pur vici­ni al prosce­nio o intan­to che, soll­e­vati da ter­ra da liane cui si imbra­cano, devono sim­u­la­re di essere scim­mie o anco­ra men­tre devono – per due ore con­sec­u­tive – cam­minare e cantare pie­gati qua­si car­poni per fin­gere, anche in questo caso, di appartenere a un gruppo/frotta di ani­mali di darwini­ana memoria.

L’artista che lavo­ra nel mon­do del musi­cal1

inten­den­do soprat­tut­to le pro­duzioni di prove­nien­za inglese e ital­iana, essendo le amer­i­cane (del Nord e del Brasile) e le indi­ane (ma anche le core­ane2) dif­fer­en­ti dalle europee, gen­eral­mente in minus, per impeg­no per­for­ma­ti­vo vocale e, in plus, per lacro­bati­co

deve, cioè, sostenere ruoli (dif­fi­cili, stan­can­ti – anche per­ché ripetu­ti qua­si ogni sera – e in più lingue)

In questo e in casi sim­ili, è impor­tante impara­re a gestire il prob­le­ma non indif­fer­ente cos­ti­tu­ito dal par­lare due o tre lingue diverse con­tin­u­a­mente. Ben lo san­no col­oro che per ragioni con­trat­tuali devono cantare in media ogni dieci giorni in nazioni/continenti nuovi o, anche ogni giorno, in pro­duzioni (di Musi­cal) in doppia lin­gua. Il pitch è insta­bile (come è sta­to dimostra­to essere nor­male nei poliglot­ti)3; con­seguente­mente in tali sogget­ti fono­ponia, fonas­te­nia4, asteno­fo­nia5 e ‑odia sono sem­pre dietro l’angolo.

inter­es­san­ti ogni dis­ci­plina del­l’arte (cir­co com­pre­so) sen­za essere sta­to, in genere, prepara­to, negli anni di for­mazione, alla acrobatica.

Almeno in Italia, l’im­peg­no isti­tuzionale alla for­mazione in Musi­cal è molto car­ente in gen­erale e in rap­por­to alle enor­mi richi­este che, infat­ti, han­no fat­to sorg­ere come funghi scuole/accademie di apprendis­ta­to (per for­tu­na, qualche vol­ta eccel­len­ti), dove, però, l’acro­bat­i­ca per lo più non è inseg­na­ta o è con­fusa con la danza.

omis­sis

L’artista

non soltan­to di musi­cal. Infat­ti, ne tro­vereb­bero gio­va­men­to estremo – oltre che, com’è ovvio, i dan­za­tori e i circensi e gli artisti di stra­da – anche i musicisti (gli archi e le per­cus­sioni, in prim­is), i can­tan­ti liri­ci (almeno quel­li con reper­to­rio roman­ti­co, verista e con­tem­po­ra­neo) e quel­li di cosid­det­ta “musi­ca com­mer­ciale contemporanea”

dovrebbe sper­i­menta­re l’ac­ro­bat­i­ca non solum per sti­mo­lare – come felice­mente può desumer­si stu­dian­do il meto­do di Alfon­so Bor­ragán6 – la pro­pri­o­cezione, la conoscen­za di sé e i beneficî del vuo­to sed eti­am per miglio­rare incon­sapevol­mente la plas­tic­ità neurale/cerebrale e tout court la ges­tione dinam­i­ca delle per­for­mances.

Da: Alfon­so Gian­lu­ca Guc­cia­r­do, Curare l’Arte, il Cor­po e la Voce, Qanat, Paler­mo 2017, 59–60

Immag­ine da: www.aidmusical.it

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